L’ennesimo risveglio di una mummia inviperita non è solo l’occasione per ribadire lo status di Tom Cruise come action star. Segna anche l’esordio di quello che Universal Pictures ha battezzato Dark Universe, vale a dire l’equivalente dell’universo cinematografico di Marvel o DC, solo che al posto dei supereroi abbiamo i mostri della tradizione horror di casa Universal: sono già stati annunciati Bride of Frankenstein per San Valentino del 2019 e a seguire una pellicola dedicata al mostro della laguna nera, una all’uomo invisibile, poi una a Van Helsing e un’altra all’uomo lupo. Tutti reboot e tutti appartenenti a un contesto narrativo condiviso.
Ciò che tiene insieme i diversi film è un’organizzazione sovrannazionale che va sotto il nome di Prodigium e che utilizza conoscenze esoteriche per scovare e studiare creature mostruose: dovessero queste ultime rivelarsi irrimediabilmente malvagie, Prodigium si preoccupa anche di eliminarle. A capo della struttura c’è il dottor Henry Jekyll, interpretato da Russell Crowe, che fa la sua comparsa nella Mummia per rivelare a Tom Cruise l’enormità della stupidaggine che ha combinato risvegliando la principessa Ahmanet dal suo sonno millenario.
Impossibile analizzare in questo momento le caratteristiche principali del nuovo franchise, perché bisogna capire come risponderà il pubblico e quali eventuali aggiustamenti verranno fatti in corso d’opera. In base a quel che si conosce finora, però, sembra ragionevole aspettarsi che i vecchi mostri saranno protagonisti di opere meno spaventose e più incentrate sull’avventura e le scene d’azione: un esito curioso, se consideriamo che hanno marchiato a fuoco la storia del genere horror.
Universal Pictures iniziò a esplorare il mondo dei mostri all’epoca del cinema muto, con Il gobbo di Notre Dame (1923) e Il fantasma dell’opera (1925), entrambi interpretati da Lon Chaney. Rintracciando le recensioni del tempo, si scopre che il 6 settembre 1923 Variety giudicava Il gobbo di Notre Dame «un incubo di due ore. È feroce, orrido e repellente. […] Nessun bambino potrebbe sopportare la morbosità di alcune scene, e non saranno molti i genitori che, dopo aver visto il film, permetteranno ai propri figli di assistervi». Il 9 settembre 1925, sempre su Variety, si legge che Il fantasma dell’opera «è probabilmente il più grande generatore di incubi che mai sia stato presentato sullo schermo».
Pur facendo la tara alla sensibilità di critici (e spettatori), modificatasi enormemente nel corso dei decenni, appare chiaro che l’intenzione di Universal era di partire dai racconti gotici del XVIII e XIX secolo per confezionare film di paura. Tendenza poi confermata nel successivo ciclo degli anni Trenta e Quaranta, quello che consentì di mettere sugli scudi gli attori Bela Lugosi e Boris Karloff: il primo straordinario vampiro nel Dracula del 1931, il secondo strepitoso mostro nel Frankenstein del 1931 e sacerdote Imhotep in The Mummy (1932).
Tornando al neonato Dark Universe, appare chiaro che siamo di fronte a un progetto che punta con molta meno decisione su terrore e inquietudine. Nel 2013, durante la lunga lavorazione del nuovo La mummia, l’allora regista affermò che stava ponendo le basi per un horror e non per un remake della trilogia action/fantasy con Brendan Fraser, quella uscita fra il 1999 e il 2008. Però il regista in questione era Len Wiseman, il quale, stando alla saga di Underworld, ha un’idea fighetta dell’horror, più stilosa che paurosa.
Le cose sembrarono mettersi meglio con l’ingresso di Andrés Muschietti, autore dell’horror La madre. Poi però fu liquidato anche lui e al suo posto arrivò Alex Kurtzman, alla seconda prova da regista dopo l’agrodolce Una famiglia all’improvviso e dopo una carriera come sceneggiatore all’insegna, fra le altre cose, del reboot di Star Trek e della serie TV Sleepy Hollow (che è un fantasy/adventure).
Kurtzman sarà anche cosceneggiatore e produttore di Bride of Frankenstein (2019), che sarà diretto da Bill Condon, quello degli ultimi due Twilight. Insomma, il Dark Universe parte con un piglio action/fantasy. Potrebbe comunque risultare un valido franchise, ma rischia di essere molto poco horror, nonostante i mostri.
[Questo pezzo è stato pubblicato sul numero di Pagina 99 in edicola il 9 giugno 2017. Però è stato aggiunto a mia insaputa un paragrafo in cui leggiamo che la futura mummia “fu ingiustamente seppellita nelle profondità del deserto”: ho chiesto di correggere l’errore almeno nella versione online (ormai il cartaceo era cosa fatta), perché ogni volta che pensavo alla parola “ingiustamente” mi veniva una fitta al cuore. Siccome l’errore non è stato corretto, ho voluto mettere qui la versione originale del mio pezzo.]