C’è una frase attribuita al drammaturgo e scrittore George Bernard Shaw a proposito del tipico libretto da melodramma: «tenore ama soprano, ma il baritono non vuole». Per molti versi, un’analoga routine appesta moltissime commedie cinematografiche odierne, che di fatto mettono in scena sempre un certo tipo di essere umano, le stesse trame, persino i medesimi colpi di scena. Al massimo, in tempi recentissimi, l’unica iniezione di novità è rappresentata da un blando femminismo: sacrosanto, ma spesso di facciata. La commedia Adorabile nemica risponde pienamente a questo humus culturale, però ha un asso nella manica. Il suo nome è Shirley MacLaine, di professione mostro sacro: ogni volta che è in scena il film cambia marcia. Per fortuna, è in scena quasi sempre.
Il suo contributo alla pellicola è ben riassunto dallo sceneggiatore Stuart Ross Fink: «Non esiste un’altra attrice capace di esprimere quella combinazione di egocentrismo, vulnerabilità, humour ed empatia. In qualsiasi situazione è sempre la persona più brillante, quella con la battuta più pronta e un sopracciglio inarcato al momento giusto». Quando Fink ha iniziato a scrivere, non era certo che Shirley MacLaine avrebbe accettato la parte, però l’ha pensata avendo in mente lei e la sua storia, tanto che alcuni passaggi di Adorabile nemica potrebbero facilmente essere metafora di quanto realmente accaduto alla MacLaine.
Accanto alla carriera folgorante e ai premi vinti esiste una storia meno nota. Riguarda la corazza che ha costruito per affrontare un mondo avaro nei confronti delle carriere al femminile e diventato ancora più difficile quando ha iniziato a offrire il fianco all’ironia, dichiarando candidamente di aver incontrato extraterrestri e di credere nella reincarnazione (a proposito dei funerali, disse: «Non ci vado, sono una cosa sciocca: nessuno muore veramente, non ha senso dirgli addio»). A tutto questo Shirley MacLaine aggiunse un vero e proprio peccato mortale, in quel di Hollywood: nel 1970 trascinò 20th Century Fox in tribunale per inadempienza contrattuale, vincendo la causa.
Bella, ma non in quel modo folgorante tipico di certe dive del cinema, fin da piccola dovette fare i conti con il fatto di possedere una femminilità fuori dai canoni: per esempio, quando la madre la iscrisse a danza, si ritrovò a rivestire costantemente ruoli maschili perché era la più alta della classe. Diversi anni più tardi, il regista Don Siegel, che l’aveva diretta nel film Gli avvoltoi hanno fame (1970), si lasciò scappare un’osservazione infelice: «È difficile provare empatia per lei: è troppo poco femminile e ha troppe palle».
Insomma, prendi una cosa, aggiungine un’altra ed ecco forgiata la corazza senza mezze misure che l’ha resa celebre. Tipo che se non le piacevi ti faceva passare l’inferno: ne sa qualcosa Anthony Hopkins, che dopo aver recitato insieme a lei nel film In amore si cambia (1980) l’ha definita «l’attrice più insopportabile con la quale abbia mai lavorato».
Torniamo allora ad Adorabile nemica, storia di un’anziana di nome Harriet (interpretata appunto da Shirley MacLaine) che ha dovuto lottare duramente per ogni centimetro conquistato in carriera e che un giorno legge un necrologio particolarmente riuscito sulle pagine del quotidiano cittadino: si precipita in redazione, liquida il direttore facendo valere il peso delle inserzioni pubblicitarie della sua azienda e si fionda dalla giornalista che si occupa degli annunci funebri (Amanda Seyfried). Devi scrivere il mio, le dice, e deve essere bello: ho fatto una rapida ricerca e ho capito quali sono le caratteristiche che lo rendono memorabile, quindi voglio che tu segua le mie indicazioni senza fare storie. Il problema è che apparentemente Harriet non possiede le suddette caratteristiche: non è circondata dall’affetto dei cari, non ha la stima dei colleghi e via dicendo. Solo apparentemente, ovvio, perché dietro la corazza si nasconde una donna in gamba, amorevole, che semplicemente non sopporta i mediocri ed è abituata a combattere con il coltello fra i denti.
Adorabile nemica è irresistibile fino a quando mette in scena un’adorabile stronza, lo è molto meno quando si adagia su uno sviluppo della trama più semplice e scontato. Però Shirley MacLaine risplende nell’uno come nell’altro caso.
[Questo pezzo è stato pubblicato sul numero di Pagina 99 in edicola il 5 maggio 2017.]