Pensare che Guardiani della Galassia Vol. 2 è il quindicesimo film del cosiddetto Universo Cinematografico Marvel fa venire le vertigini e suggerisce l’opportunità di una cartina per orientarsi. Partiamo dunque dall’inizio: a metà degli anni Duemila, Marvel Studios pianifica in un sol colpo il franchise più ambizioso che si ricordi: una serie di pellicole e serie TV dedicate ai supereroi a fumetti, accomunate dalla medesima ambientazione e capaci di condividere alcuni macroeventi narrativi. Guardando solo ai lungometraggi per il grande schermo, il progetto prende forma con Iron Man (2008), cui segue un film dedicato a Hulk (2008), poi Iron Man 2 (2010), Thor (2011), Captain America (2011) e infine il mash-up degli Avengers (2012), che riunisce tutti quanti per affrontare una minaccia aliena.
In termini strutturali siamo di fronte a qualcosa di molto simile a una serie per la televisione: la differenza è che i vari episodi escono nelle sale cinematografiche, che bisogna aspettare qualche mese per vedere i successivi e che ogni puntata costa almeno 130 milioni di dollari, a volte il doppio. Sono però dettagli di superficie: la macrostruttura narrativa è pensata per una visione in sequenza, con linee narrative che si intersecano e convergono verso un climax incaricato di chiudere una stagione e porre le base per gli sviluppi futuri (vedi ad esempio gli Avengers). Un film non è mai completamente autonomo e in alcuni casi non è possibile vederlo senza conoscere tutto quello che è accaduto prima: esattamente come una serie per la TV.
Il pubblico gradisce, il botteghino accumula miliardi di dollari e così nel 2014 esce il primo Guardiani della Galassia, il prodotto più azzardato dell’intero franchise: i protagonisti sono noti solamente agli appassionati più accaniti dei fumetti. Niente Iron Man o Captain America: parliamo di un mezzosangue umano/alieno (Star-Lord), un procione genericamente modificato (Rocket), un albero umanoide (Groot), un’aliena dalla pelle verde (Gamora) e un alieno tutto muscoli (Drax). Gli esperti sentenziano: se il pubblico reagisce bene anche a questo, allora l’Universo Cinematografico Marvel può dormire sonni tranquilli per un decennio: Guardiani della Galassia incassa 773 milioni di dollari, convincendo per il piglio comico e scanzonato e trasformando in star supereroi che fino a un attimo prima erano dei signor nessuno.
Alcune nuvole si accumulano all’orizzonte, però. Proprio la macrostruttura da serie TV inizia presto a remare contro: Guardiani della Galassia Vol. 2 esce nelle sale un anno prima che Avengers: Infinity War (maggio 2018) si incarichi di mettere un punto fermo all’Universo Cinematico Marvel: già ora sappiamo che in quella pellicola i Guardiani si uniranno ai Vendicatori per affrontare il supercattivo Thanos, mostrato fugacemente alla fine di Avengers (2012) e poi messo in naftalina.
Se però la vera sfida per Star-Lord e compagni è rimandata, cosa resta da raccontare in Guardiani della Galassia Vol. 2? Molto poco, in realtà: avevamo lasciato i nostri eroi che erano riusciti a fare gruppo e che, lavorando in accordo, si erano laureati sul campo come squadra speciale da chiamare in caso di pericoli molto grossi. Li ritroviamo che agiscono di conseguenza, cioè vengono assunti per risolvere guai, senza però tradire quello spirito corsaro che li rende divertenti per il pubblico (i Guardiani rappresentano la linea comica della “serie TV UCM”). In questa nuova avventura scopriamo il passato di uno di loro, il gruppo si allarga, e poi basta. Nonostante a prima vista sembri accadere tanto, in realtà è più fumo che arrosto, e si resta in attesa di incontrare un antagonista come si deve, cioè il Thanos di Infinity War.
Per molti versi siamo di fronte al classico episodio interlocutorio che tradizionalmente cade a tre quarti di una stagione televisiva, quello che ha l’obbligo di risolvere un paio di nodi rimasti in sospeso, ma che non può permettersi di mettere molta carne al fuoco, dal punto di vista narrativo, perché il climax è altrove. La conseguenza principale è che ciò che nel primo Guardiani aveva sorpreso e divertito, ora sembra stanco e scontato. Gli ingredienti sono i medesimi, ma li abbiamo già assaporati e dunque l’effetto novità non funziona, mentre le aggiunte sono di poco conto. Come preparatore di Infinity War funziona, come film a se stante molto meno.
[Questo pezzo è stato pubblicato sul numero di Pagina 99 in edicola il 28 aprile 2017.]