Sorpresa, la moglie si sveglia marito

In una celebre battuta pronunciata da Orson Welles nel film Il terzo uomo, ci viene ricordato che in Italia, sotto i Borgia, «ci furono guerre, terrore, omicidi, carneficine: ma vennero fuori Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, non ci fu che amore fraterno, ma in cinquecento anni di quieto vivere e di pace che cosa ne è venuto fuori? L’orologio a cucù». Facendo le dovute proporzioni, pare proprio che gli ultimi tempi, così difficili dal punto di vista economico e sociale, abbiano prodotto un rinascimento del cinema di genere italiano, quella chimera di cui spesso si è parlato con toni nostalgici, che altrettanto spesso è stata evocata come unica possibilità di salvezza del cinema nostrano e che finalmente pare essere diventata realtà. Moglie e marito è uno degli esempi possibili di questa situazione.

A mo’ di premessa occorre dire che qui si intende per cinema di genere un’idea produttiva in duplice opposizione. Intanto al cinema d’autore, nel quale lo sguardo personale di un cineasta è la principale forza motrice di una pellicola. Ma anche opposta al modello delle commedie caserecce, adagiate con svogliata pavidità su stilemi muffosi e sempre meno efficaci. Insomma, quello di cui parliamo è un cinema in cui l’ossequio ad alcune forme acquisite (il funzionamento del thriller, della commedia, eccetera) vale tanto quanto l’ambizione di chi si siede dietro la cinepresa. Insieme, è un cinema che punta ad abbracciare uno spettro di toni e di forme il più ampio e originale possibile.

Ecco dunque la nostra versione del crime/thriller (Suburra), della commedia (Smetto quando voglio), del cinema di supereroi (Lo chiamavano Jeeg Robot) e di quello con le corse automobilistiche (Veloce come il vento). Proprio il regista di quest’ultimo, Matteo Rovere, che è anche il produttore di Smetto quando voglio, è il coproduttore di Moglie e marito. Il cerchio si chiude.

La storia è quella di Andrea (interpretato da Pierfrancesco Favino) e Sofia (Kasia Smutniak): lui è neurochirurgo, lei presentatrice televisiva, sono genitori e sono in profonda crisi come coppia. Una sera Andrea coinvolge Sofia in una ricerca alla quale sta lavorando, qualcosa va storto ed ecco che si risvegliano l’uno nel corpo dell’altra: vivere le rispettive esistenze porterà confusione, fraintendimenti divertenti e, forse, una maggiore comprensione reciproca. Va da sé che non siamo di fronte allo spunto narrativo più originale del mondo, ma ciò che conta, in questo caso, è come viene sviluppato.

Bisogna riconoscere alle sceneggiatrici Giulia Steigerwalt e Carmen Danza di aver inserito l’escamotage dei ricordi che i due si scambiano, soluzione interessante, e di aver declinato in modo leggero ma non stupido il tema del femminismo. Per certi versi, anzi, lo scambio consente di indagare maggiormente l’universo femminile più che quello maschile e Andrea si ritroverà pure ad avere le mestruazioni: dettaglio assente da moltissimo “cinema degli scambi di personalità”, ma non secondario, se parliamo di mettersi nei panni del partner.

Dal canto suo, il regista Simone Godano gira il suo primo lungometraggio con mano sicura, conferendo a Moglie e marito credibilità dal punto di vista visivo e chiarezza nello sviluppo di scene e sequenze. Non va alla ricerca di soluzioni che testimonino una firma, quasi dovesse segnalare a tutti i costi la sua presenza: si mette al servizio della storia e sfrutta in modo convincente l’esperienza maturata nel mondo della pubblicità e dirigendo il programma TV Non ce la faremo mai, del gruppo comico The Pills – tra l’altro, nuovo cerchio che si chiude, Matteo Rovere ha prodotto il lungometraggio The Pills – Sempre meglio che lavorare (2016).

Non tutto gira alla perfezione e Simone Giordano concede troppa corda alla verve di Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak, che quando si scambiano di corpo tendono a calcare la mano sullo stereotipo maschile/femminile, puntando sulla macchietta piuttosto che fare propri i reciproci gesti e atteggiamenti. Resta però il fatto che, pur non potendo parlare di capolavoro, siamo distanti anni luce dai Natale a…, dalle Vacanze a… o dalle commedie che restano aggrappate alla superficie delle cose (Poveri ma ricchi, ad esempio). Il risultato è un film dignitoso, onesto, fatto come si deve.

[Questo pezzo è stato pubblicato sul numero di Pagina 99 in edicola il 14 aprile 2017.]