Donne sull’orlo di una crisi d’inverno

Nel 2002 la scrittrice Maile Meloy, originaria del Montana e nata nel 1972, dà alle stampe la sua prima raccolta di racconti, intitolata Half in Love. Dopo un paio di romanzi, uno dei quali riceve il plauso di Philip Roth, nel 2009 arriva la seconda raccolta di racconti: Both Ways Is the Only Way I Want It.

A luglio dello stesso anno l’autrice e giornalista Curtis Sittenfeld scrive di lei per conto della Sunday Book Review del New York Times. Ne elogia la prosa asciutta e precisa e la capacità di trovare la giusta misura tra l’amore per i propri personaggi e la necessità di mantenere il ritmo della narrazione. E si meraviglia di come la Meloy riesca a raccontare efficacemente «la banale, quotidiana disperazione che anima molti dei suoi protagonisti».

Sono osservazioni spendibili pure per il film Certain Women, che porta su grande schermo un racconto tratto da Both Ways Is the Only Way I Want It e due racconti di Half in Love e che apre, in anteprima italiana, la ventiquattresima edizione di Sguardi Altrove Film Festival (a Milano dal 12 al 19 marzo). Regia, sceneggiatura e montaggio sono di Kelly Reichardt, una delle voci più autorevoli del cinema indipendente statunitense, amata dai circuiti festivalieri, capace di una regia sicura e di uno sguardo molto compassionevole nei confronti dei personaggi, che spesso sono donne e altrettanto spesso sono sole di fronte alle sfide della vita.

Incontriamo un’avvocatessa (interpretata da Laura Dern) alle prese con un caso di ingiustizia morale che però non è punibile dalla legge; poi una moglie (Michelle Williams) che cerca invano il sostegno del marito mentre prova a ottenere il materiale per costruire la loro casa; infine una ragazza (Lily Gladstone) che accudisce cavalli in un ranch e che si scopre attratta a prima vista da una giovane insegnante di diritto (Kristen Stewart).

Tutto attorno c’è la natura indifferente del Montana, ripresa durante la stagione invernale, spesso con inquadrature molto ampie all’interno delle quali le protagoniste tendono a perdersi. Non è un dettaglio irrilevante, perché l’attesa della primavera è, metaforicamente parlando, la pulsione che muove le quattro donne: è la loro voglia di costruire legami e di guardare al futuro con speranza. Ma siccome siamo nel regno della «banale, quotidiana disperazione», ecco che la primavera non giunge mai, al massimo si lascia intravedere da lontano.

Non sentiamo risate, in Certain Women, né vediamo abbracci dettati dall’entusiasmo del momento: la drammaticità della pellicola sta nel fatto che l’empatia umana non arriva gratis, bisogna ritagliarsela con cocciutaggine. Senza disperazione o rassegnazione, perché le protagoniste non provano né l’una né l’altra cosa: sembrano piuttosto consapevoli che si tratta di una lotta di resistenza e che i momenti in cui si può risplendere non basteranno mai a illuminare tutto.

Anche perché, per riprendere la metafora delle stagioni, dopo una primavera torna sempre l’inverno. Quelli di Certain Women sono racconti minimali, dove sembra accadere poco o niente e in cui i piccoli dettagli quotidiani emergono con particolare forza proprio perché non sono soffocati da una narrazione incalzante, che privilegia il racconto enfatico di accadimenti corposi.

Sul set Kelly Reichardt muove la cinepresa il meno possibile, in sala di montaggio lavora su un andamento pacato: in questo modo riesce a far brillare minuzie come un sorriso, una rimostranza, un saluto non ricambiato da dietro una finestra oppure l’anticipo con il quale ci si presenta a una lezione. Durante la conferenza stampa tenutasi al New York Film Festival 2016, Laura Dern ha trovato le giuste parole: «Kelly Reichardt è interessata alla vita che accade nelle pause», ed è «quando nessuno ti guarda che riveli di più te stessa».

Come ha scritto Christopher Schobert su The Buffalo News, ci sono pochi registi capaci di ottenere così tanto con così poco (in realtà, Schobert sostiene che «nessun filmmaker riesce a ottenere così tanto con così poco): l’affermazione è esagerata, ma il nocciolo resta valido. Curiosità: Certain Women è dedicato a Lucy. Si tratta della cagna di Kelly Reichardt, protagonista insieme a Michelle Williams del suo terzo lungometraggio, Wendy and Lucy (2008).

[Questo pezzo è stato pubblicato sul numero di Pagina 99 in edicola l’11 marzo 2017.]