«Voglio che gli attori siano belli. Mi spiace, ma è un film: non voglio la realtà»: a parlare è Tom Ford, autore di A Single Man (2009) e Animali notturni (2016). Se gli attori sono belli, allora a cascata lo saranno anche gli abiti indossati, gli oggetti d’arredo e via dicendo fino ai dettagli più minuti, fino a dipingere le pareti di una stanza in tinta con i capelli della donna che agisce al suo interno. Per questa ragione, quando Keith Uhlich recensì A Single Man per l’edizione newyorkese del magazine Time Out, scrisse che somigliava a «un’effimera e patinata copertina di Vanity Fair». È un’argomentazione valida anche per Animali notturni, ma solo se rappresenta il punto di partenza di un discorso più ampio e che termina con un giudizio opposto.
Di Tom Ford, texano classe 1961, si possono facilmente dire due cose: è un perfezionista e ha talento da vendere. Il mondo della moda lo sa da tempo. Tanto che l’autorevole e temutissima Anna Wintour, la direttrice di Vogue che con un’alzata di sopracciglia può determinare il successo di uno stilista oppure il suo oblio, parla di Ford come di colui che «ha imposto l’estetica che domina moltissimi aspetti della nostra cultura», come di colui che lasciando Gucci nel 2004 provocò al brand quella che non poteva essere definita in altro modo se non come «una catastrofe». Per certi versi, proprio lo spettacolare successo nella moda rappresenta per Tom Ford non tanto una catastrofe, ma almeno un ostacolo alla sua attività come sceneggiatore e regista: «Alcune delle recensioni più cattive di Animali notturni sostengono che assomiglia a un bello spot pubblicitario», osserva: «è troppo ricercato e raffinato, dicono, perché sono un fashion designer».
Non è dunque l’ossessione per i dettagli, il problema, perché altrimenti dovremmo mettere in discussione anche Stanley Kubrick, notoriamente preciso fino al parossismo: il punto è che nel caso di Tom Ford il controllo estremo di ogni piccolo elemento ha qualcosa di estetizzante, caratteristica concessa senza problemi a un Wes Anderson o a un Paolo Sorrentino, ma guardata con sospetto nel caso di uno che viene dal mondo della moda.
La questione si fa più complessa se consideriamo che A Single Man e Animali notturni fotografano i propri personaggi nel momento in cui perdono in modo catastrofico il controllo sulle proprie vite e su ciò che le circonda: nel primo caso perché la morte dell’amato conduce a un’asfissiante disperazione, nel secondo perché lo status economico e sociale conquistato a costo di enormi sacrifici si rivela inadatto a giustificarli. In entrambi assistiamo a una tensione fra l’ordine esterno, anche quello che i personaggi si ostinano a mantenere, e il caos che li squassa interiormente: il George Falconer di A Single Man veste con attenzione, cura il nodo della cravatta, lucida le scarpe; la Susan Morrow si Animali notturni ha una piega perfetta anche quando va a dormire, non sbaglia un abito o un accessorio; entrambi tengono la casa in uno stato di ordine e pulizia scintillanti. Ed entrambi sono a pezzi.
Non è azzardato allargare il discorso e dire che attraverso i suoi film e i suoi personaggi, anche Tom Ford utilizza l’estremo ordine formale per tentare di contenere le proprie paure. In fondo, ha dichiarato che Susan Morrow è una sua alter ego e che, come lei, anche lui è talvolta frastornato e imbarazzato dal materialismo del proprio mondo. E in un bell’articolo scritto da Lesley M.M. Blume e pubblicato sul Wall Street Journal, Ford ammette: «un pensiero che mi angoscia continuamente è che alla fine non c’è controllo. Pensiamo ci sia, lottiamo per averlo, ma potrei uscire in strada ed essere investito da un camion. La vita è così».
Non è certo la prima volta che un artista adotta un rigoroso controllo formale allo scopo di imbrigliare demoni interiori che altrimenti condurrebbero al caos. E certamente Tom Ford ricorre a un’eleganza sontuosa e intenzionale che rischia di sembrare una fredda manifestazione di brillantezza e talento. Ma è solo la superficie, perché lo scopo di quest’eleganza fa tutta la differenza del mondo.
[Questo pezzo è stato pubblicato sul numero di Pagina 99 in edicola il 19 novembre 2016.]