Questi cartoon sono roba da grandi

In Italia è ancora molto forte l’idea che il cinema d’animazione sia una faccenda per bambini, o al massimo che possa permettersi qualche strizzatina d’occhio ai genitori costretti ad accompagnare i figli in sala. Curiosamente, questa settimana sono uscite due pellicole di tenore completamente diverso, Sausage Party: vita segreta di una salsiccia e Kubo e la spada magica. Entrambe sono pensate per un pubblico più grande e quanto meno adolescente, solo che la prima si accontenta di fare ciò che non potrebbe in presenza di bambini, cioè infarcirsi di parolacce e allusioni sessuali nemmeno troppo velate, mentre la seconda punta sulla profondità dei temi e dei messaggi veicolati. In parole povere, Sausage Party insulta il proprio pubblico, Kubo lo tratta con rispetto.

Dovendo riassumere la Vita segreta di una salsiccia potrei dire che utilizza la sua intera durata al solo scopo di mettere in scena una colossale orgia fra ortaggi, panini e, ovviamente, salsicce. La trama racconta di un inganno perpetrato ai danni dei beni di consumo di un supermercato: tutti pensano che essere acquistati significhi uscire dalle dorate porte del negozio e raggiungere così il paradiso. In realtà il loro destino è essere divorati o anche peggio, come nel caso della carta igienica: la verità dovrà essere svelata, gli scettici dovranno essere convinti e poi via con l’orgia finale. Presto i miseri tentativi di trasmettere un qualsivoglia messaggio cedono il passo all’unico scopo del film, cioè togliersi lo sfizio di essere volgare. Peccato che Sausage Party si manifesti agli spettatori diversi anni dopo l’avvento dei Simpson (1989), di South Park (1997) e dei Griffin (1999), cioè quando non ha più senso lavorare sulla rottura dei codici linguistici o allentare le maglie della censura, perché è stato già fatto, e scordandosi inoltre che i tre esempi sopra citati evitano di essere gratuiti perché veicoli di una satira feroce. Insomma, non basta dire “cazzo” per meritare un posto sotto i riflettori.

Di ben altro tenore Kubo e la spada magica, non tanto perché privo di volgarità – mica sto facendo il bacchettone – quanto per il credito che riconosce al proprio pubblico. Siamo nel Giappone feudale, dove il giovane Kubo, orfano di padre, accudisce una madre quasi sempre in stato catatonico: fa il cantastorie nella piazzetta di un villaggio, animando magicamente degli origami al suono del suo shamisen, uno strumento a tre corde della famiglia dei liuti. Sa che deve rientrare a casa prima che il sole tramonti, pena essere trovato da spiriti malvagi. Un giorno si attarda, cala la notte e ha inizio un lungo viaggio che è fuga e insieme ricerca della verità sul proprio passato.

Il tema di fondo di Kubo e la spada magica è la necessità per il giovane protagonista di accettare l’assenza dei propri genitori, venire a patti con la malinconia e saper coltivare un ricordo tenero che nutra la nascita di un uomo saggio, piuttosto che un ricordo ferito generatore di infelicità e rabbia. E se fuggire dalla tristezza può sembrare un’alternativa valida, ecco l’ammonimento: privarsi delle emozioni negative significa necessariamente privarsi delle emozioni tutte, anche quelle gioiose e ritempranti. Bisogna dunque imparare a soffrire, perché c’è un modo giusto di farlo.

A fine giugno di quest’anno è uscito nelle sale il bellissimo La canzone del mare, anch’esso film d’animazione e anch’esso portatore di un’analoga storia intorno al valore positivo di tutte le emozioni. Non è stato accolto con l’attenzione che meritava e il rischio è che la medesima cosa succeda con Kubo e la spada magica. Ma sono questi i titoli che rivendicano con forza la necessità di pellicole d’animazione per adolescenti e adulti ai quali si riconosce la capacità di andare oltre la superficie di una pellicola fintamente dissacrante. Perché un prodotto d’intrattenimento può benissimo non essere stupido, e nel caso di Kubo e la spada magica, ma anche della Canzone del mare, può pure essere realizzato splendidamente dal punto di vista tecnico e visivo.

[Questo pezzo è stato pubblicato sul numero di Pagina 99 in edicola il 5 novembre 2016.]