Jon ha un bel corpo, è sicuro di sé e conquista ragazze come bere un bicchier d’acqua. Però preferisce di gran lunga masturbarsi guardando i porno su Internet, perché in fondo non ha capito cos’è l’amore e ci vorrà la donna giusta per fargli vedere la luce. Ridotta ai minimi termini questa è la trama di Don Jon. Ti viene voglia di evitarlo manco fosse un appestato? Faresti un errore, perché COME viene raccontata la storia fa una grande differenza.
L’esordio lungo dell’attore Joseph Gordon-Levitt, che riveste il doppio ruolo di sceneggiatore e regista, è di quelli che bastava poco per sbracare. Non solo per la questione pornografia: si parla anche di religione come di una routine senza senso, giusto per non farsi mancare argomenti spinosi.
I rischi legati al porno vengono disinnescati trasformando i video hard in una metafora e così dribblando il cattivo gusto. Il film sostiene questo: ciò che impedisce una relazione vera è l’incapacità di ascoltare e comprendere, la tendenza a considerare gli altri come un oggetto, mettendoli al servizio dei nostri desideri. Per Jon (Joseph Gordon-Levitt) il porno è metafora di questo atteggiamento, esattamente come i film romantici lo sono per la protagonista Barbara (Scarlett Johansson): lui vuole una che si comporti come le acrobatiche e maialissime star dell’hard, lei desidera un certo tipo di stipendio e di condizione sociale. In entrambi i casi l’altro è oggetto, non persona.
Il cattolicesimo entra in gioco perché il protagonista del film è un italoamericano. Come sceneggiatore, Joseph Gordon-Levitt evita di parlare di religione in generale, argomento scivolosissimo, e si concentra invece sul personale rapporto di Jon con la fede. Nel suo caso si tratta un’eredità famigliare vissuta in modo del tutto superficiale: le preghiere diventano utili per darsi il ritmo durante gli esercizi in palestra e la confessione settimanale si trasforma in una sterile gara ad avere una penitenza meno severa. Quando il discorso si allarga tirando evidentemente in ballo il confessore, e potenzialmente la fede in generale, il tono del film è già ben delineato. Così lo spettatore non si inganna: l’intenzione è la battuta, non la denuncia – e i momenti legati alla religione sono fra le cose migliori di Don Jon.
Dal punto di vista stilistico, la regia è nulla di eclatante, ma ha il pregio di volare leggera, ad esempio senza calcare la mano sulla rappresentazione del sesso, evitando le classiche inquadrature voyeuristiche che poi – guarda caso – finiscono estrapolate in Rete per nutrire masturbazioni oggettivanti.
Non tutto gira alla perfezione e per esempio, nonostante i pregi, la trama accusa un po’ di ripetitività e alcune schematizzazioni: la netta contrapposizione tra fare sesso e fare l’amore è poco felice, così come c’è aria di stereotipo nella rappresentazione degli italoamericani. La sorella del protagonista, inoltre, ha un momento di risveglio un po’ forzato, figlio del gusto per la battuta più che del personaggio e della situazione. Nel complesso, però, l’esordio di Joseph Gordon-Levitt è fresco, onesto, divertente: merce rara, di questi tempi.
(Questo pezzo è stato pubblicato su Linkiesta il 27/11/2013)