Il vero superpotere di Captain America

Chris Evans continua a non saper recitare, mentre Scarlett Johansson è addirittura imbruttita. Ma la buona notizia è che Captain America – Il soldato d’inverno è un bel film. Per certi versi è pure meglio dei Vendicatori, la pellicola di Joss Whedon che tutti vorrebbero imitare ma pochi riescono a eguagliare.

L’elemento determinante della riuscita è che gli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen McFeely hanno tirato fuori gli attributi. Preso a modello il thriller politico anni Settanta, hanno confezionato una storia avvinghiata ai nostri giorni, che parla di paura e libertà, diritti civili e sicurezza nazionale. Certo, Markus e McFeely avevano alle spalle i fumetti di Ed Brubaker, roba grossa, ma questo non è di per sé garanzia di successo. Per fortuna l’adattamento è andato per il verso giusto e quando nel film arriva il momento di combattere, dietro ai pugni c’è sostanza, mica elfi cialtroni a cui la luce sta tanto antipatica.

Quando tocca alle scazzottate emergono però alcune crepe. Prendiamo ad esempio una scena utilizzata in fase di promozione del film, quella in cui Cap è in ascensore, circondato da malintenzionati tutti muscoli e mascelle sporgenti. La rissa che segue non è tanto diversa da quella di un Jason Bourne, un James Bond o, per restare in tema, della Vedova Nera. Non solo, inizia e termina con il Capitano che fa quello fico.

Ora: l’aderenza al fumetto non è obbligatoria a tutti i costi, anche se le sbruffonaggini stonano parecchio. Ma se porti Capitan America su grande schermo, bisognerà pure che ti preoccupi di mostrare che cosa lo rende un supereroe. Non basta farci sapere che è molto più forte, agile e resistente del normale. Intanto perché il cinema statunitense ha riempito gli schermi di agenti segreti e soldati delle forze speciali che a conti fatti non sembrano da meno (colpa dell’ansia di creare una mitologia dell’eroe americano). Ma soprattutto perché una delle caratteristiche che distingue Capitan America da tutti gli altri è la fenomenale abilità tattica sul campo di battaglia, unita alla capacità di combattere in modo eccezionalmente efficace, sfruttando tutti i punti deboli dell’avversario.

Torniamo allora nell’ascensore di cui sopra. Prima che inizino a volare sganassoni Chris Evans non tenta di assicurarsi la posizione di massimo vantaggio, e in battaglia si fa valere perché mena più forte, non meglio. Dettagli? Certo, ma di quelli che marcano la differenza fra una regia onesta e qualcosa di veramente potente.

Anche allargando lo sguardo al di là della questione supereroe, i registi Anthony e Joe Russo incappano in qualche ingenuità. Penso a due momenti in cui il Winter Soldier smette improvvisamente di incalzare il proprio bersaglio, prima Fury e poi Cap. Un attimo prima li braccava senza concedere niente, un attimo dopo si prende una pausa. Perché? Solamente perché la trama prevede che Fury e Cap facciano altro? Meglio sarebbe stato fornire un motivo più verosimile per allentare la presa su di loro. Che so, magari sottolineando l’intensità del traffico cittadino nel primo caso (Fury) e la fatica della battaglia nel secondo (Cap).

Queste osservazioni non portano a un giudizio negativo nei confronti dei fratelli Russo, che anzi si difendono egregiamente. Però segnano uno scarto rispetto al lavoro di Joss Whedon nei Vendicatori. Là dove invece Il soldato d’inverno eguaglia e supera il modello è nel racconto del tratto distintivo di Capitan America.

In assenza di strategia e tattica (lanciare lo scudo non vale), il vero superpotere di Capitan America, quello che lo rende unico, risulta essere un altro: la capacità di prendere in mano un microfono, raccontare la propria verità e farsi credere da tutti all’istante, senza bisogno di alcuna prova. Gli credono sulla parola, perché è lui, perché rappresenta l’anima della nazione. È come se dovendo raccontare un supereroe, Il soldato d’inverno avesse privilegiato l’eroe rispetto al super, nel senso della sostanza morale rispetto alla superiorità fisica. Per questo diventa fondamentale il thriller politico imbastito dagli sceneggiatori. E da questo punto di vista la pellicola ha una marcia in più rispetto ai Vendicatori.

(Questo pezzo è stato pubblicato su Linkiesta il 26/03/2014)