Machete Kills, come ammazzarne 101 e vivere felici

Sangue e gnocca: entri in sala per vedere Machete Kills e già sai che l’accoppiata d’oro dei B movie la farà da padrone. Robert Rodriguez alza però la posta. Non tanto in termini di sventole, anche se il loro numero è sensibilmente più elevato, né tantomeno in termini di cadaveri, perché chi li ha calcolati afferma che sono solamente 3 più dei 98 stesi nel precedente Machete. La posta viene alzata puntando sul massacro creativo. Teste mozzate e arti tranciati risultano quasi banali considerato come vengono utilizzate budella, pale di elicottero, motoscafi, pannelli elettrici, reggiseno e tanga: 50 sfumature di morte, insomma, e di sorpresa in sorpresa c’è pure una versione Jedi del machete. Senza contare la scazzottata fra Michelle Rodriguez e Amber Heard: puoi provarci, ma non indovinerai mai la mossa finale.

Gran cagnara, dunque, di quella che fa ridere e intrattiene, però va incontro alla stessa sorte del cinema exploitation che vuole omaggiare: in gran parte, si tratta di pellicole che sono più divertenti da ricordare che da guardare. Soprattutto quando non utilizzano a dovere l’arma segreta del grottesco.

Commentando Machete (2011) sulla rivista Cineforum, Pietro Bianchi faceva giustamente notare che il film di Rodriguez era interessante perché utilizzava la costruzione grottesca dell’effetto comico come grimaldello per una feroce critica sociale. E così i discorsi razzisti del senatore Robert De Niro colpivano nel segno tanto quanto una rigorosa inchiesta giornalistica sulla resistenza all’immigrazione messicana (anche di più?): «D’altra parte – osservava Bianchi – non è forse il comico una delle modalità più efficaci e politiche (e brechtiane) di trattare il reale?».

Machete Kills non rinnega la questione messicana, anzi, ma la mette in secondo piano rispetto alla volontà di abbracciare il più vasto panorama del narcotraffico e delle politiche statunitensi in Sudamerica. Solo che non trova un equivalente del senatore De Niro e l’uso del grottesco politico sembra limitarsi ad affidare il ruolo del Presidente degli Stati Uniti a Charlie Sheen, accreditandolo però con il suo vero nome, Carlos Estévez.

Non a caso il processo di accumulo proprio del grottesco raggiunge il suo esito più eclatante nella figura del Camaleonte, killer dalle molte facce e dai molteplici interpreti: Walton Goggins, Antonio Banderas, Lady Gaga e Cuba Gooding Jr., che è il migliore del quartetto. È una trovata narrativamente gustosa, ma di scarso impatto politico e che curiosamente si infrange su Lady Gaga, la cui stage persona è già eccessiva di suo e così fa implodere il gioco delle esagerazioni.

Il modo migliore per godersi Machete Kills è portare la festa in sala, abbracciando la cagnara insieme agli amici, facendo la ola di fronte agli squartamenti più ingegnosi, dandosi di gomito di fronte alle citazioni di Guerre Stellari e godendosi le ghocche finché sono su schermo, perché alcune muoiono velocissime. E naturalmente tenendo il cellulare rigorosamente spento, perché «Machete non twitta».

(Questo pezzo è stato pubblicato su Linkiesta il 06/11/2013)